A cura di Elena Basurto

cinema

ARGO

Regia di Ben Affleck, con Ben Affleck, John Goodman, Alan Arkin, Bryan Cranston, Kyle Chandler, Rory Cochrane, Kerry Bishe, Christopher Denham, Tate Donovan, Clea DuVall, Victor Garber, Zeljko Ivanek, Richard Kind, Scoot McNairy

Non so come mai ancora ci casco… Mi piacciono molto i film storici, e allora ogni volta credo che il film sarà buono.

Siamo nel 1979. Argo è il titolo del finto film che serve da copertura perché la CIA faccia scappare 6 impiegati dell’ambasciata americana  in Iran, facendoli passare per una troupe cinematografica.

Il film si apre con un riassuntino storico con tanto di animazione alla Satrapi, tanto per mettere tutti al corrente della situazione storica. E’ senz’altro un riassuntino utile, che cerca di apparire del tutto neutrale. Cerco di passare sopra al fatto che ho

sempre trovato sia una leggerezza eccedere con le didascalie in un film, proprio perche di un film si tratta… dovresti saper usare le specificità del mezzo per narrare. Certo, oltre ad essere una didascalia, è animata… della serie “non vi preoccupate, ve lo spieghiamo facile facile, con i disegnini!”.

Il momento in cui il film ci porta dentro la CIA la battuta di apertura è “JOHN!! Stai cercando John? No! Urlo il suo nome perche me lo sto scopando!”. Ah ecco. Siamo in America. Patria dei cowboys dal grilletto facile e il cuore tenero. Tanto è calcato che mi domando se sia intenzionale. Magari si vuol fare ironia… (seh! magari!)

Due fugaci accenni al ragionamento “gli Iraniani hanno ragione ad essere incazzati con noi visto che gli abbiamo messo al potere un dittatore sanguinario”, fanno politically correct. In fondo nessuno vuole demonizzare l’Iran… (puntini di sospensione, appunto)

Per una buona metà del film, questi sintomi di americanite filmica sono pochi e ben si sopportano, diluiti in un ritmo che scorre, con immagini di alta qualità. L’effetto che cerco in tutti i film, e cioè la capacità di farmi sognare, c’è. Il trasporto riesce, grazie ad una perfetta cura nel dettaglio della scenografia, i costumi, il trucco. Ben Affleck deve essersi piaciuto tanto con questa “mise” anni ’70! Lo si vede proprio compiaciuto e mono-espressivo: “sono figo”.

Poi scatta l’azione, il culmine, il momento clue del film. E la banalità diventa dejà-vu. Un susseguirsi di vecchi trucchi per tenere tutti sul bordo della sedia: ce la faranno i nostri eroi a prendere l’aereo? Nonostante il cattivo li insegua, all’ultimo minuto qualcuno li riconosce, l’aereo forse non ha il permesso di decollare, l’hostess ha da ridire sul biglietto e la maledetta chiave si inceppa nella serratura?? Non che non fossi tesa come una corda di violino, ma c’è stato un momento in cui ho pensato che l’abuso di suspense fosse flagrante, pensiero che tende a smorzare un po’ il trasporto di cui sopra...

Strano, il film non finisce quando tutti brindano (oops! che vi ho svelato l’inaspettatissimo lieto fine?). Continua per tornare sul talmente didascalico da diventare cubitale propaganda pro-CIA. Ciliegina sulla torta: lui, figo genio in crisi perche la moglie vuole il divorzio e se ne va col figlio, torna da eroe, e lei, che non sa nulla perché è tutto top-secret, le basta uno sguardo per lanciarsi nelle sue possenti braccia!

In pratica, un film ingenuo, infinitamente banale, main stream, con tutti i “must” del manuale del giovane produttore di Hollywood infilati come perline, uno dopo l’altro. Il giovane Affleck segue pedissequamente la ricetta base (o gliela fanno seguire), per consegnare un prodotto utile alla patria. Non mi sono alzata a metà film perché questo è comunque salvato da mestieranti del cinema di altissimo livello.{jcomments on}

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