Recensione di Luciano Carpo

libri

"Il suonatore di nuvole"

di Alì Bader (Argo Editore, 2018)

Quello che si vive nell’Irak post Saddam. Quello che può vivere un giovane artista nella sua odissea di migrante e nella sua esperienza in Europa. La narrazione di Ali Bader è lineare. Fluido il suo stile, chiaro, impattante e originale il suo messaggio.

“Essere musicista in Irak non è per niente una cosa facile”. E non lo è per niente neppure in Belgio, in particolare se, come il protagonista del libro, Nabil, sei un musicista emigrato che vagheggia l’Europa come Città ideale:

“ Andremo laggiù, nella Città ideale

oltremare.

Un paradiso sognato dove i musicisti vivono

suonando tra le nuvole”.

Secondo il filosofo arabo Al-Farabi, la musica dovrebbe consentire di penetrare il senso della vita, di

liberare le persone dagli strati di polvere accumulati sulle loro anime. Ma non è così per tutti. Nabil, violoncellista di Bagdad, “suonatore di nuvole”, constata che molte persone – soprattutto quelle ottenebrate dal fondamentalismo religioso e dalle idee nazi- non si liberano mai, dovunque si trovino sanno solo fracassare il violoncello con violenza cieca e ottusa, accaniti nemici della diversità, di chi non la pensa come loro, di chi non vive come loro, di chi non ama come loro.

Si rende conto subito, fin dal primo impatto, che non esiste la Città ideale, che i fantasmi da cui credeva di essere fuggito circolano anche in Europa. E che nella stessa Europa riemergono dalle fogne vecchi fantasmi che sperava scomparsi da 75 anni.

Ma Nabil, migrante praticante di nessun credo se non quello della libertà di pensiero e della crudezza dell’amore, deve pur riconciliarsi con la maniera di vivere e con le contraddizioni che lacerano il mondo e l’esistenza di ognuno, addirittura con il paradosso di essere salvato dagli stessi suoi nemici.

Solo la musica può consentire questo. Ritorna quindi il pensiero di acquistare un nuovo violoncello “per fare della musica in maniera pratica e non solo teorica”, cioè una musica senza “nuvole”. Musica. Con i piedi per terra. Tra i luoghi vivi della città, gli spazi artistici, alcuni caffè. Perché “ l’alcol e le luci soffuse attenuano le differenze tra le persone. E la diversità si fonde in un’unica cultura! Molti aspetti contraddittori finiscono per convergere. Nabil è dapprima scettico riguardo al concetto di uniformità, poi ha un’intuizione. Le molteplici sfumature, differenze e contraddizioni della città rivelano le tracce più profonde dell’esistenza. E quest’ultima si manifesta nella sua maniera più intima e familiare proprio attraverso le sue molteplici contraddizioni”.

 

Per la profondità filosofica del suo messaggio e per l’agilità narrativa, consiglio questo “ suonatore di nuvole”a quanti, docenti ed educatori, sanno dialogare con i giovani non nel vagheggiamento di un’Europa “ armonia ideale”, ma nella costruzione di un’Europa delle differenze. Democratica e inclusiva. Dando ascolto al violoncello.

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