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L’INFORMAZIONE

L’informazione passa attraverso mille canali nel nostro cervello, fin da quando nasciamo, e qui già si evidenziano le differenze individuali: c’è il bambino curioso ed attento che “assorbe” letteralmente tutto quello che gli viene detto o raccontato a casa o fuori, ma anche ciò che gli capita di sentire per caso, brani di conversazioni di adulti, pezzi di trasmissioni televisive; è il bambino che chiede i “perché”, che vuole sentire altri dettagli, vuole sapere come la storia va a finire; c’è al contrario quello meno ricettivo, che si isola di più concentrandosi nel gioco che sta facendo, è distratto mentre gli si parla, non fa domande. Entrambi da grandi potranno arrivare all’informazione, ma il secondo tipo dovrà avere una motivazione e degli stimoli molto più forti del primo per diventare un cittadino informato. Ma non è tutto: c’è la famiglia grande veicolatrice di informazioni e quella  muta o quasi, che si limita a fornire ai figli le nozioni minime per sopravvivere, in genere di ordine pratico e contingente. C’è addirittura la famiglia che è contraria all’informazione, che preferisce tenere i figli in uno stato di infanzia protratta nel tempo, in genere per timore che essi, diventando consapevoli di come va il mondo, possano diventare troppo indipendenti nei loro giudizi o  essere trascinati a comportamenti ritenuti negativi. Non di rado mi è capitato di sentire in classe un alunno affermare con tono orgoglioso “Nella mia famiglia non ci si occupa di politica!” confondendo una nobile e alta occupazione dell’uomo con la sua pratica corrotta e degenerata. Allora, per parafrasare il detto latino “Quis custodiet custodes?”[3] dovremmo anzitutto chiederci “Quis educabit praeceptores?”[4]

Lo stesso vale per la scuola: se per la generazione dei docenti (soprattutto di discipline umanistiche) che si sono formati negli anni intorno al ’68 è abbastanza frequente la tendenza a dare spazio e peso a quella che viene definita “l’educazione civica”, nel quadro generale della scuola italiana questa è una di quelle discipline “Cenerentola” (come anche la geografia) che soccombe irrimediabilmente di fronte alle altre materie di studio. E dire che entrambe sono utilissime, se svolte bene, alla conoscenza del mondo e dei  problemi di ordine sociale, economico, giuridico che lo attraversano e ne determinano lo stato! Basterebbe inserire in maniera significativa nelle prove degli esami di Stato di tutti gli indirizzi di studi anche queste materie, non solo per garantire una migliore preparazione dei ragazzi in questo senso, ma anche per dare ad esse  il giusto peso nell’arco delle discipline scolastiche.

La riforma Gelmini dell’anno scorso, invece, ha tagliato, tra le materie letterarie, proprio le già pochissime ore dedicate  a queste materie: nel biennio del liceo classico, ad esempio, che prima prevedeva due ore di Storia (comprensiva di Educazione Civica!) e due di Geografia, oggi ha accorpato le due (anzi tre!) discipline in una sola materia per  un totale di tre ore di insegnamento settimanale. E’ evidente che all’attuale governo, al di là delle motivazioni economiche, non preme affatto la formazione “civica” dei ragazzi, e ne possiamo ben immaginare le ragioni.

Come si può ottenere dunque che i giovani, fin dalla scuola primaria, vengano “informati”? Mentre credo che la formazione sistematica e lo studio delle istituzioni e delle leggi debba avvenire nella scuola superiore, a livello di elementari e medie è fondamentale l’approccio emotivo e/o ludico a temi e problemi fondamentali, quindi il gioco, il racconto, il film che abbia presa sulla fantasia e la sensibilità dei piccoli. I temi? Il senso di giustizia, la pari dignità degli individui, le regole, il concetto di bene comune e della sua difesa, il concetto di lavorare insieme per uno scopo positivo, il dovere, arduo per noi italiani, di opporsi, anche se non direttamente toccati, all’ingiustizia, alla rottura delle regole. L’approccio emotivo è naturalmente potente anche nella scuola media superiore: una visita ad Auschwitz o la visione di film come Schindler’s list, Un eroe borghese, Le vite degli altri e infiniti altri fanno più, nella mente degli adolescenti, di tanti libri. Anche perché non li leggono. Occupiamo un posto molto basso nelle classifiche dei paesi sviluppati che riguardano la lettura, e i giovani non fanno eccezione. E’ la battaglia quotidiana dei genitori e dei docenti più attenti, che si inventano mille capriole per spingere i ragazzi a leggere. Ma è una battaglia durissima, contro l’oggettiva forza di seduzione dei mezzi multimediali (vedi http://digilander.libero.it/mogent1/cm2/temi/1lnv/Multimedialita.htm ).

Ovviamente l’approfondimento di un tema deve passare attraverso la lettura, che con la sua lentezza  e le sue caratteristiche di interattività, anche se non colpisce come lo spettacolo multimediale, dà spazio ad una più attenta riflessione, all’assorbimento ragionato e dialettico della materia. E questo è un passo che non tutti affrontano, o a volte solo negli anni liceali. Valgano le memorie di un politico del valore di Pietro Ingrao:” Quello che ha influito veramente nella mia formazione è stato il liceo, che ho fatto a Formia. Io penso che i licei siano stati – almeno per un certo numero di anni – un luogo dov’è durata una resistenza indiretta (e a volte anche esplicita) al fascismo. C’era una sedimentazione intellettuale (Croce,la filosofia idealistica, e più lontano De Sanctis, perfino la critica letteraria alla Momigliano, i testi splendidi di Concetto Marchesi) che nell’insegnamento spingeva verso altre letture della società. Due professori hanno influito molto sulla mia formazione. Ho incontrato in prima liceo Pilo Albertelli, che poi fu assassinato alle Ardeatine. Mi istillava una idea sottile di problematicità…”[5] E’ molto interessante in questo stralcio l’individuazione precisa , da parte dell’autore, dei modi in cui la scuola (nei suoi momenti migliori) esercita un profondo influsso culturale sul giovane, attraverso argomenti e discipline (qui la Filosofia, la Letteratura italiana e latina) che, senza toccare argomenti di attualità, forniscono allo studente gli strumenti intellettuali per “leggere” la società. Siamo ben lontani dalla rozza critica dei politici dei nostri giorni alla classe insegnante, formata, a dir loro, come quella dei magistrati, da bande  di comunisti!

 

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