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Un dialogo interrotto

Gli studenti sognano professori disarmati come i corrotti sognano giudici disarmati, e questa è, una volta passata nei cunicoli tortuosi degli anni e delle generazioni, l’ultima deforme, irriconoscibile traccia della sana ribellione all’autorità degli anni ’70. Quelli che bisogna, ora come allora, attaccare senza pietà sono i professori ignoranti, i magistrati nullafacenti, i poliziotti corrotti, i medici superficiali, gli ingegneri irresponsabili, gli avvocati menzogneri, i politici senza scrupoli, i commercianti disonesti, gli impiegati lavativi, tutti coloro, insomma, che abusano consapevolmente del loro ruolo e della loro competenza, per truffare noi e lo Stato (che siamo ancora noi), ma non si possono e non si devono privare (sarebbe un suicidio collettivo) tutti i professori, tutti i magistrati, tutti i medici e così via delle prerogative insite nel loro compito istituzionale, che è quello di insegnare, applicare le leggi, lottare contro il crimine, tagliare la pancia dei pazienti per asportarne tumori. Un professore ha bisogno del registro per registrare le fasi di apprendimento di un allievo: è come un allenatore sportivo – dico sempre ai miei alunni – che allena seriamente gli atleti perché devono raggiungere un certo grado di preparazione se vogliono partecipare degnamente o addirittura vincere una gara. Se l’atleta non arriva al livello richiesto viene fermato, lo si mette in panchina, lo si esclude dai tornei o dalle Olimpiadi. Il voto serve a dire al docente “non sei arrivato al livello richiesto, devi studiare di più, devi ripetere il percorso”. Perché una cosa così serenamente accettata nello sport è vista con orrore nella scuola? Eppure il fenomeno è evidente anche negli studenti che praticano seriamente lo sport! Tagore scrisse “Lo scopo principale dell’insegnamento non è quello di spiegare i significati, ma di bussare alle porte della mente”: ma per bussare occorre una porta, e quella si apre solo attraverso lo studio e l’impegno. Dunque questa, secondo me, è l’eredità negativa del ’68: l’incapacità di riconoscere la competenza degli adulti e in particolare dei docenti (quando c’è), l’arroganza mentale che vediamo ogni anno in ragazzi sempre più giovani, che arrivano a noi dalle scuole medie già convinti di aver capito tutto della vita e di non aver necessità di imparare nient’altro, in particolare tutto ciò che la scuola propone (che poi è lo stesso, con varianti più o meno significative, in tutte le parti del mondo). E i professori, nella scuola, si sentono sempre più in trincea, anche quelli più competenti ed aperti, quelli che sono pronti ad ascoltare critiche e contraddittorio e ad accoglierle e discuterle come parte del loro lavoro. Ma i ragazzi delle scuole oggi preferiscono tacere e ignorare del tutto il mondo degli adulti, preferiscono chiudersi in una dimensione autoreferenziale dove sono ammessi solo i loro coetanei (le cui opinioni riflettono pienamente le loro) e i loro interessi giovanili. Gli adulti vengono educatamente messi da parte o usati solo nella misura in cui essi risultino utili ad uno scopo ben preciso (leggi, ad es., la gita scolastica); nella scuola i professori ormai raramente sono contestati in un confronto aperto, ma si affida ai genitori, quando è possibile, il compito di toglierli dai piedi. E questo ci riporta agli organi collegiali: il consiglio di classe, che nei primi tempi era occasione di un interessante scambio di punti di vista tra studenti, docenti e genitori, un momento in cui si dava la possibilità a tutti di motivare i propri comportamenti e chiarire le proprie aspettative di fronte all’importante scopo comune, sono anch’essi diventati, con gli anni, stanchi rituali che si esauriscono, da parte dei docenti, nel riferire in modo schematico e ripetitivo generiche notizie sull’andamento della classe, da parte dei genitori nel riportare le lamentele dei ragazzi su questo o quel professore (raramente per palese ignoranza, più spesso per eccessiva severità), da parte dei rappresentanti degli studenti per avanzare richieste ancora più meschine di avere meno esercizi di matematica il lunedì o una versione di greco più breve il martedì. Rarissimamente mi è capitato di sentire da parte dei genitori o degli alunni una proposta per arricchire, variare o approfondire l’offerta formativa: quando avviene, anche il più retrivo dei docenti generalmente accoglie la richiesta con entusiasmo. Molti docenti, da parte loro, hanno reso difficile la comunicazione nei consigli perché vedono la presenza dei genitori nei consigli di classe come interferenze indebite e fastidiose e a volte sono loro a rendere vano ogni tentativo di scambio di idee più profondo. Comunque i rappresentanti delle due categorie presenti nel consiglio di classe o negli altri organi a loro aperti vengono guardati come eroi o almeno come cittadini meritevoli: costituiscono infatti quell’esiguo numero di persone che si rendono ogni anno disponibili a svolgere questo compito. A volte bisogna combattere per trovare non solo due candidati per classe (le elezioni scolastiche sono quasi sempre bulgare…), ma anche 3-4 genitori per classe che vengano ad eleggerli !

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