NON FACCIAMO BRUTTE FIGURE...RETORICHE

 

 

 OSSIMORO
di Stella D'Este
 
L’ossimoro è la figura retorica che consiste nell'accostare, nella stessa frase, parole che esprimono concetti contrari. Si differenzia dall’antitesi che esprime ugualmente concetti contrari ma in frasi diverse. 
La stessa etimologia del nome, formato dai due termini greci che significano acuto e ottuso, è un tipico esempio di ossimoro. Se poi non sappiamo dove poggiare l’accento, ossia se siamo incerti se pronunciare il termine come parola sdrucciola (ossìmoro) o come parola piana (ossimòro) niente paura, possiamo sempre dire che ci rifacciamo alla pronuncia greca (preferibile) o a quella latina e faremo sempre la nostra “bella figura”. 
Volendo subito citare degli esempi ricordiamo i fin troppo abusati “silenzio assordante”, “ ghiaccio bollente” o “illustre sconosciuto” e anche i “morti viventi” o la “lucida follia”. Molta fortuna ha avuto inoltre in ambito politico la locuzione “convergenze parallele”, erroneamente attribuita ad Aldo Moro ma in realtà coniata negli anni sessanta da Eugenio Scalfari. 
Ma andiamo a cercare qualche ossimoro tra i nostri scrittori, poeti e parolieri. 
Per una costruzione linguistica così eccentrica non può mancare un esempio tratto dal principe degli eccentrici. Ma sì, lui, il vate, Gabriele D’Annunzio che, reduce nel febbraio 1916 da un incidente con un idrovolante che gli aveva provocato una grave ferita all’occhio destro, si autodefiniva “orbo veggente”! E innumerevoli altri esempi si possono ovviamente ritrovare nella sua vasta produzione letteraria. 
Andando indietro nel tempo ecco che il Canzoniere di Francesco Petrarca ci offre un abbondante raccolto di magnifici ossimori, ad esempio quando il poeta si chiede meravigliato come sia possibile, quando si vive un amore grande come quello che lui vive, l’incredibile alternanza di gioia e dolore che agita il suo animo. “Dolce tormento”, “Viva morte”, “Dilettoso male”. È l’amore, signori miei, un sentimento che vive un perenne contrasto interiore. Proprio come l’ossimoro!
E passando ad atmosfere di commossa religiosità come dimenticare la provvida sventura manzoniana?
Tornando ai giorni nostri tra gli infiniti possibili esempi possiamo scegliere tra l’intrigante dicotomia dell’ossimoro nella “quiete accesa” di Ungaretti o nella “insostenibile  leggerezza dell’essere” di Milan Kundera. Ma possiamo anche spaziare tra lo splendido “suono del silenzio” di Simon e Garfunkel e le tragicomiche imprese dei “soliti ignoti”. 
La caccia al tesoro può continuare quasi all’infinito. Musica, ricchi premi e cotillon!
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