C O R P I

di Stella D'Este

Quanti sono? Quanti miliardi di corpi. Forse un giorno ci si metterà anche d’accordo per stabilire quando è comparso il primo uomo o la prima donna. O tutti e due assieme. O il primo ermafrodita. Cento, duecento mila anni fa, oppure due/tre milioni. Milione più milione meno.
Forse qualcuno si sarà azzardato a calcolare puntigliosamente quanti corpi, da allora, sono nati e poi la loro vita media e, inesorabilmente, la morte. Miliardi di miliardi…per un periodo di vita cosciente tra i 40 e i 60 anni.
Quanti spermatozoi quanti ovuli. Vita e morte; vita e morte; vita e morte. Quanti coiti eterosessuali, omosessuali, solitari e di gruppo. Vita, piacere e morte.
Serie statistiche per curiosi. Oppure ghiotto alimento per teologi e filosofi, per ipotesi che non avranno mai prove e che lasceranno a bocca asciutta chi sperava di avere risposta e di trovare un senso, ma che consoleranno chi cercava di uscire dalla disperazione e dall’angoscia di una vita misteriosamente dolorosa: la vita del corpo che muore di dolore.

Tutti questi corpi…Ma è inutile domandarsi perché. O, semplicemente, non è questo l’interesse prioritario.
Fino a quando c’è, il corpo si impone per la sua presenza; per la sua fisicità; per il suo essere “qui e adesso”, indiscutibilmente. Si impone per quello che è e non per quello che crediamo o vorremmo che fosse.
Il nostro corpo siamo noi; se quando moriamo lo spirito si separa da lui e va da un’altra parte (i buoni in Paradiso e gli altri all’Inferno ) nel migliore dei casi, questa, è una speranza. In tutti gli altri è un’ipotesi senza fondamento scientifico e che poco influisce sul presente.
La prospettiva del corpo è un altro corpo; o anche più d’uno. E’ bello contemplare un tramonto sul mare. Ma è più bello contemplare l’altro. Ed è ancora più bello contemplarlo quando qualcosa freme nella sua complessa architettura fisiologica e sconosciute energie, correnti di energie, fanno contatto tra un corpo e l’altro. Perché i corpi si collegano. Si connettono. Si penetrano. Si compenetrano. Si aggrappano l’un l’altro, si abbracciano, si strofinano, si comunicano con le parole ma assai di più leccandosi, graffiandosi, mordendosi, accarezzandosi, gridando, immaginando di fondersi in una fusione a caldo che si vorrebbe irreversibile. La si vorrebbe tanto, fino ad urlare, perché, se Dio c’è, non può non sentirci.
Questo è il corpo. Questo è il Presente. Questo è il Piacere. Questa è la Vita.
Senza il corpo, senza il suo piacere, non c’è vita.
Crediamo che il corpo goda solo o quasi del piacere del sesso. Ma quanti altri piaceri possibili: mille sensazioni piacevoli . Quello del sesso forse sembra il più forte, incontrollabile imperioso. Invece è solo indispensabile; non è nemmeno il primo; è un facile strumento della nostra chimica vitale per ripetere la miscela della riproduzione e attivarla con i giusti contatti elettrici.
Un grande dubbio: il corpo, lo stesso corpo, è solo uno strumento per la riproduzione della nostra chimica vitale? Se il corpo non servisse ad altro?? Se il piacere solo fosse un subdolo modo per convincere il corpo a fare quello che potrebbe anche rifiutarsi di fare??
Come due forze non antagoniste - ma nemmeno alleate - cercano di usarsi per i propri fini, così il corpo soggiace al gioco incerto di ciò che è e di ciò che vogliono fargli credere che sia. Ipotesi suggestiva questa delle due forze. Ipotesi cosmologica: teologica, religiosa o almeno filosofica. Insomma, ipotesi impura da lasciare dov’è: nel campo sterminato del ‘non si sa’.
Il corpo è un organismo. Un insieme di insiemi che da piccolissimi si organizzano specializzandosi e cooperando tra loro per garantire le funzioni essenziali della vita: nascita sviluppo, riproduzione e morte. Tutte etichette per capirci qualcosa. Sperando di mettere ordine nel guazzabuglio misterioso di un fenomeno formidabile che ha creato un cervello che non lo può comprendere. Comprendere perché? Che importa! Che m’importa comprendere, se ti Amo!
Mi ami! Penso smarrito a ciò che dici, a ciò che dico. Alle convenzioni verbali con quell’unico scopo di distrarci. Farci dimenticare l’avventura nella quale ci siamo lanciati, unendo i nostri corpi solo perché ne avevamo piacere. Ne sentivamo il piacere. Un piacere forte, fortissimo eppure indifeso. Inspiegabile. Che ci confonde ed è confuso. Che non vuole sentire ragioni. Non vuole piegarsi a scopi diversi dal nostro piacere. Non vuole obbedire al sesso né al mal di stomaco; né alle carie dentali o ai dolori artritici. Che solo vuole godere l’essere assieme. Il toccarsi, il provocarsi, il suscitare piacere. Il Piacere che è nostro. Il Piacere che morirà con noi. Perché moriremo di piacere e in quella morte capiremo la vita che Lui, il Piacere, ha creato. Godremo senza domandarci più nulla, strusciando le dita nelle nostre pieghe, nelle rughe di una pelle che dicono vecchia mentre sprigiona la densa fragranza della vita che passa da milioni di anni. Passa ed ingrossa la piena, quieta o impetuosa, di un’universale smisurata corrente d’Amore.

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