TEMPI MODERNI
ovvero, ma dove stiamo andando?
di Marco Borsotti
I - L'evoluzione della Politica nel Mondo occidentale
Introduzione, le primarie statunitensi.
Quest'anno, come ogni quadriennio, negli Stati Uniti luglio é il mese delle Convenzioni democratica e repubblicana, gli eventi che pongono fine alla lunga corsa delle primarie consacrando i candidati che da quel momento lotteranno per garantirsi l'accesso alla Casa Bianca nelle elezioni di novembre. Negli Stati Uniti non ci sono sorprese sulle date elettorali. Tutto é stabilito a priori. In vero, negli ultimi tempi, la campagna delle primarie si é di fatto allungata perché i candidati di ogni partito annunciano le loro intenzioni con sempre maggior anticipo per poter iniziare con il dovuto tempo la raccolta di fondi per sostenere le spese della campagna. Infatti, per poter competere nel circuito mediatico statunitense occorrono milioni di dollari, centinaia di milioni, cifre di molto superiori a quanto si spende per pubblicizzare un nuovo prodotto di consumo.
Questa volta la corsa ha preso inizio sin dai primi dell'anno scorso, rendendo la campagna una lunga corsa ad ostacoli dove le candidature si sono avvizzite persino prima dell'avvio formale delle consultazioni Stato per Stato. Ricordo, poi, che il sistema elettorale statunitense é strutturato in un rigido sistema maggioritario che rende di fatto possibile la partecipazione di sole due forze politiche, le uniche capaci Stato per Stato di raccogliere il numero di suffragi richiesto per poter vincere a livello Federale. Formalmente, in ogni campagna presidenziale vi sono candidati indipendenti, persone che all'inizio dell'anno elettorale hanno presentato la propria candidatura sotto una qualche denominazione. Costoro, però, pur se i loro nomi appariranno sulle schede elettorali, non hanno nessuna reale possibilità di prevalere perché il sistema é strutturato in modo d'assicurare che soltanto due siano i candidati in gara e questi, alla fine del conteggio dei voti, sono e saranno sempre i candidati dei due partiti principali, quello democratico e quello repubblicano. Al massimo, come successo nel confronto elettorale perso da Gore contro Bush figlio, la presenza di un candidato terzo può distogliere un numero sufficiente di voti da un uno dei due, favorendo quindi la vittoria dell'altro anche se resta sempre da dimostrare che chi abbia votato un terzo nome, se questi non fosse stato sulla scheda, avrebbe votato per uno dei due candidati principali invece che astenersi come fanno la maggior parte degli elettori statunitensi.
Il paragone espresso precedentemente tra le primarie ed il lancio di un qualunque prodotto di consumo é molto calzante nel descrivere la forma in cui gli aspiranti alla Casa Bianca si presentano agli elettori. Brevi filmati di pubblicità elettorale, anche comprendenti pubblicità negative, ossia ragioni per non votare un candidato contro cui si compete, iniziano a alternarsi nei mezzi di comunicazione ad annunzi per l'acquisto di nuovi elettrodomestici o dei prodotti più svariati. I filmati sono corti, ma sempre girati da personale altamente specializzato nel campo della pubblicità. Ai filmati si aggiungono annunci pagati sui giornali, presenze dei candidati nel maggior numero possibile di spettacoli televisivi compresi dibattiti tra i candidati stessi gestiti dalle varie catene televisive, oltre ai classici giri elettorali con comizi in ogni tappa toccata. Sono mesi d'attività frenetica e stressante per i candidati, personaggi generalmente ben conosciuti dal pubblico, e per tutto il personale che li accompagna: giornalisti, fotografi, addetti stampa, scrittori professionisti, analisti politici, analisti economici, esperti di sociologia e psicologia, esperti di comunicazione, persone dello spettacolo che nei vari punti del giro salgono sul palco, dopo che la loro presenza era stata ampiamente pubblicizzata, per lanciare il discorso del candidato, discorso che, in ogni luogo visitato, rappresenta il culmine dell'evento. Ogni candidato annovera nel suo staff registi, scenografi, tecnici della luce e del suono, musicisti, cioè, persone capaci d'allestire la scenografia di ogni intervento curandone tutti gli aspetti con il fine di proporre nella luce migliore possibile se stesso, per convincere gli spettatori in sala o davanti agli schermi che votare per loro sia la scelta giusta da fare.
In un anno in cui il Presidente in carica ormai non può più ripresentarsi, il numero dei possibili candidati in entrambi i partiti può essere molto elevato anche se, nella prassi, i risultati delle prime primarie scremano rapidamente le liste per far emergere nei due campi coloro che saranno i veri competitori. Giunti a questa fase, i candidati guardano quasi esclusivamente alla questione della nomina ufficiale per cui il messaggio che trasmettono é prima di tutto volto a spiegare perché gli elettori debbano preferire loro agli altri candidati del loro stesso partito. La lotta contro il candidato dell'altro partito sarà al centro del discorso soltanto molto avanti nel processo elettorale, generalmente non prima della tarda primavera quando ormai risulti chiaro chi abbia le maggiori possibilità di ottenere la nomina ufficiale di candidato di uno o l'altro dei due partiti principali.
Quest'anno le primarie hanno offerto un prospettiva diversa da tutte quelle degli anni precedenti. Nei due partiti principali ci sono state candidature di personaggi estranei alle nomenclature abituali nei due schieramenti, persone che si sono rese subito visibili come alternative al fare politica come al solito, veri e propri portavoce delle persone normalmente escluse dal processo elettorale. Sia in campo democratico che repubblicano le candidature Sanders e Trump si sono rivelate espressione di un elettorato che non si riconosceva nelle politiche che questi partiti rappresentavano, provocando un terremoto nella politica statunitense di una portata ancora non completamente decifrabile. Ovviamente, le visioni e l'elettorato rappresentato dai due non coincidono in nessun punto sostanziale, anzi si può asserire che rappresentino tra loro degli estremi uniti soltanto dal fatto che entrambi i gruppi sono espressione della profonda insoddisfazione negli Stati Uniti verso la politica tradizionale, quell'insoddisfazione che ormai da molti anni ha portato molti elettori all'astensione. Trump con discorsi aggressivi e violenti ha sbaragliato con relativa facilità tutti i candidati di parte repubblicana arrivando ad ottenere la nomina come candidato. Sanders, invece, pur avendo avuto un successo che nessuno si sarebbe aspettato con discorsi centrati su questioni di fondo sia nella politica interna che estera del paese, non é riuscito nell'impresa di vincere la convenzione democratica, sconfitto anche dall'opposizione che i quadri del partito democratico gli hanno opposto come dimostrato da migliaia di comunicazioni interne rese pubbliche alla vigilia della convenzione mettendo in luce in molti casi vere e proprie frodi elettorali.
Rappresentatività verso Stabilità
Questa lunga introduzione descrivendo fatti che sono stati oggetto di gran dibattito sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo mette in luce un fenomeno che da vari anni sta prendendo piede. Si tratta di una crescente opposizione contro un modo di condurre la politica senza toccare nella sostanza lo stato delle cose. Due o più partiti si contendono il potere, ma a guardare bene le differenze tra loro, queste sono quasi soltanto di facciata, mentre nella sostanza chiunque risulti vincitore porterà avanti politiche talmente simili da permettere un visione di continuità nella gestione pubblica anche quando alle varie scadenze elettorali abbiano prevalso prima l'uno poi l'altro o gli altri partiti, svuotando di contenuto la politica che dovrebbe essere il confronto di visioni ed interessi diversi su di che cosa sia il bene pubblico per la maggioranza dei cittadini elettori.
In tutto il mondo che diciamo democratico con minime eccezioni vige il sistema politico rappresentativo nella sua versione o parlamentare o presidenziale. In entrambi i metodi, a scadenze fisse, si svolgono elezioni a suffragio universale dove tutti i cittadini sono chiamati a votare. I sistemi elettorali, per certo, variano molto tra loro, ma in linea di principio tutti accettano che il voto di ciascuno sian considerato uguale al voto di chiunque altro. Sino a questo punto, mi si dirà, tutto bene, questo é il cardine della democrazia dove il potere é dei cittadini che eleggono liberamente chi pensino meglio rappresenti il loro pensiero ed i loro interessi sottomessi soltanto al principio che le decisioni siano sempre e soltanto prese a maggioranza assoluta degli eletti. Le cose però non sono mai state veramente tali anche dopo aver introdotto il principio del suffragio universale. Infatti, in tutte le Nazioni il pensiero politico ha cercato di far coesistere con il principio dell'universalità del voto quello della stabilità dell'operato del governo per evitare che il suffragio universale portasse soltanto a situazioni di stallo dove non ci fosse modo di raggiungere una maggioranza qualificata che fosse anche stabile. Anche in questo caso non é facile obiettare a chi afferma che dopo le elezioni debba emergere un risultato che assicuri la stabilità dell'azione di governo perché non sarebbe nell'interesse di nessuno che si debba ricorrere a scadenze ravvicinate a nuove elezioni ogni qual volta i rappresentanti del popolo non siano in grado di garantire una continuità nella politica, divisi in gruppi in cui nessuno abbia mai la maggioranza assoluta dei voti che gli attribuirebbe la capacità di portare avanti il programma politico per cui sia stato eletto.
Esistono molte varianti nel sistema elettorale che sono state studiate per risolvere questi problemi. In linea di principio tutte si possono ricondurre ad alcuni elementi principali. In generale, il territorio nazionale é suddiviso in circoscrizioni elettorali che dovrebbero in linea di massima essere omogenee tra loro per numero di votanti. A questo punto, si possono applicare due metodi di calcolo, il maggioritario o il proporzionale. Nel caso del maggioritario, ogni circoscrizione elegge un solo rappresentante, quello che ha ottenuto il maggior numero dei voti anche quando questo non rappresenti la maggioranza assoluta dei votanti. Nel sistema proporzionale, ogni circoscrizione elegge un numero di rappresentanti definito a priori assegnati alle varie liste secondo la percentuale di voti che ciascuna lista ha ottenuto. La scelta degli eletti per lista, poi, può dipendere dalle preferenze individuali che ciascun candidato ha ottenuto o dall'ordine in cui i loro nomi sono stati messi nella lista. In molti casi in cui si applichi il sistema proporzionale, poi, possono esistere sbarramenti che impediscano ad un partito di ottenere seggi qualora esso non abbia raggiunto un quorum minimo richiesto. Questa misura intende impedire che gruppi troppo minoritari accedano al Parlamento dal momento che si vuole evitare che ad essi venga attribuita un importanza di molto superiore ai voti racimolati perché, pur se minoritari, alleandosi con altre forze politiche, con il loro voto permettano ad uno o più dei partiti che siano riusciti ad eleggere rappresentanti, di ottenere la maggioranza dei voti in Parlamento in genere a cambio di posti di governo o dell'adozione di leggi di loro gradimento che gli riconoscono una rilevanza politica di molto superiore alla loro rappresentatività elettorale. Spesso oltre allo sbarramento la legge elettorale attribuisce un premio di maggioranza al partito che abbia ottenuto il maggior numero di voti. Generalmente, perché questo sistema si attivi il partito di maggioranza relativa deve aver raggiunto una percentuale minima di suffragi che gli permetta di ottenere questo premio, ma ci sono anche sistemi elettorali che assegnano il premio a chiunque abbia raggiunto la maggioranza dei voti validi, indipendentemente dal valore relativo di questa maggioranza. Infine, sempre nel sistema proporzionale, ci sono varianti che si basano su due turni elettorali che di fatto lo rendono in molti aspetti simile a quello maggioritario. Infatti, al primo turno si conteggiano tutti i voti proporzionalmente per poi ammettere al secondo turno soltanto i primi due qualificati e lasciando agli elettori la scelta tra i due. Questo avviene soprattutto quando il sistema elettorale vuole che siano gli elettori a scegliere chi debba assumere una carica esecutiva come quella di Primo Ministro o Sindaco o Presidente regionale. In questo caso, il meccanismo di voto assicura non sola l'elezione diretta di quel candidato, ma anche l'attribuzione al partito del vincitore della maggioranza dei seggi.
La politica come professione
In assenza di limiti al numero di mandati che gli eletti possano esercitare sia in modo consecutivo o differito, cioè quando chi sia stato eletto non possa ripresentarsi al turno successivo e debba far trascorrere almeno un ciclo elettorale prima di ricandidarsi, i sistemi elettorali sia maggioritario che proporzionale rivestono un ruolo rilevante nel determinare come l'attività politica si concretizzi. Infatti, essi favoriscono la formazione di partiti politici come veicoli per l'attuazione dell'azione politica, ossia apparati strutturati che riuniscano vari candidati associati per identità d'idee o altra ragione, e soprattutto incoraggiano chi intenda intraprendere l'attività legislativa o esecutiva, di renderla una professione con la giustificante che per poter esercitare al meglio il mandato elettorale ci vogliano competenze specifiche che soltanto coloro che hanno fatto della politica una professione abbiano acquisito quelle capacità anche in grazia dell'esperienze ottenute nell'esercizio della politica attraverso la militanza nei vari partiti politici d'appartenenza. La politica, o meglio espresso, l'esercizio della politica diventa un mondo chiuso accessibile soltanto a coloro che attraverso gli apparati del loro partito d'appartenenza riescano a scalare la scala gerarchica interna sino ad ottenere l'inclusione nella lista elettorale che quel partito proponga ad ogni scadenza elettorale agli elettori dal momento che per riuscire ad ottenere sufficienti suffragi per essere eletto, occorre l'appoggio o di un partito o di altro apparato che assicuri i finanziamenti necessari per condurre la campagna elettorale.
Quando i partiti non erano come oggi aggregazioni di professionisti della politica uniti da fini comuni che richiedano la fiducia dell'elettorato, ma organismi di massa dove l'elemento collante era una visione ideologica del mondo condivisa dai quadri del partito e dai loro elettori, esistevano meccanismi di legame diretto tra i candidati ed il loro elettorato. I partiti erano strutture radicate nel territorio, strettamente vincolate con i ceti sociali che rappresentavano a cui davano quindi una voce nelle varie istituzioni dove riuscivano a portare i loro eletti. Costoro erano saldamente legati alla loro circoscrizione con cui mantenevano legami stretti. Questo tipo di radicamento sociale si é progressivamente perso da quando i partiti hanno iniziato a perdere la connotazione ideologica e di territorio pur riuscendo ugualmente a raggiungere i loro elettori facendo uso di canali indiretti di comunicazione, soprattutto la televisione ed oggi i sistemi informatici. L'utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa ha accentuato l'importanza della forma comunicativa su quella sostantiva del messaggio. Come visto nel caso della recente campagna elettorale statunitense, i candidati ed i loro partiti ricorrono a tecniche pubblicitarie di vendita per attrarre l'attenzione dei cittadini e convincerli a votarli come la pubblicità li convince a comprare un dato prodotto invece di una altro. I contenuti rimangono, ma sono prima di tutto degli slogan pubblicitari che devono essere facilmente assimilabili. Ormai é d'obbligo esprimere un concetto facendo uso di non più di 140 caratteri, quanti permessi dal sistema twitter, cinguettio in inglese. La velocità predomina sulla sostanza, tutto si semplifica sino alla banalizzazione perché alla fine quello che conta veramente é suggestionare, non convincere per ottenere un voto.
Il risvolto negativo peggiore della politica fatta professione con la giustificazione che per poter gestire il potere occorre esperienza che il comune cittadino non ha avuto modo di acquisire, é senza dubbio la corruzione, piaga che affligge ogni sistema politico. Ovviamente tutti posso cedere alle lusinghe della corruzione, sia coloro che vengano eletti per la prima volta come coloro che invece contino una lunga esperienza ricoprendo cariche pubbliche, ma la politica fatta professione induce a cercare i mezzi finanziari necessari per poter garantire la propria rielezione, generando di fatto uno stimolo, qualora i fondi disponibili siano giudicati insufficienti, per accettare offerte disoneste. Questo concetto lo espresse persino Craxi di fronte al Parlamento quando tentò invano di difendere se stesso ed il suo partito dalle accuse di tangentopoli sostenendo le stesse tesi, così fan tutti disse ed almeno quella volta era sincero.
Questo stato di cose viene poi favorito da un altro aspetto a mio vedere ugualmente deleterio. Si afferma che la carica comporti valori speciali di dignità che devono essere rispettati da tutti. Non sono le persone in sé a meritare quelle considerazioni, ma le cariche che ricoprono, questo almeno é quanto si asserisce. Nella realtà, la distinzione non esiste, le persone sono anche le cariche che ricoprono, separarli é un esercizio vano di retorica. Ci sono stati casi di persone che abbiano saputo mantenere chiara la distinzione, ma costoro, mi si permetta scriverlo, sono stati e sono l'eccezione che conferma la regola. La norma invece vuole che chi sia eletto si senta superiore agli altri. Questa situazione provoca l'isolamento dell'eletto che presto perde il contatto ed il senso della vita comune, quella che invece vivono tutti gli elettori. Corruzione, senso di superiorità e scollegamento con la realtà finiscono per diventare parte integrante della professione politica. Sono consapevole che molti penseranno che esagero facendo di ogni erba un fascio, ma nella mia lunga esperienza decennale a contatto con questo mondo, posso contare l'eccezioni sulle dita delle mie mani, mentre sono migliaia i casi di persone che, dopo essere state catapultate nella gestione del potere politico, hanno vissuto una metamorfosi che li ha rapidamente trasformati nel modello standard di politico di professione, ossia una persona prona ad accettare compromessi spesso illegali giustificandoli con la convinzione d'averne diritto perché differente dal resto del genere umano.
La consapevolezza di quanto sto cercando di descrivere é alla base del rifiuto di quel modo di fare politica e di essere parte dell'élite al potere che sta portando molte persone a rifiutare il sistema come tale. Alcuni si disinteressano della politica convinti che non ci sia nulla da fare e che non valga la pena parteciparvi come elettori perché alla fine tutti gli eletti faranno le stesse cose. Altri cercano nuove strade come dimostrato nelle primarie statunitensi o nel prosperare di forze e movimenti politici che proclamano voler svolgere diversamente la funzione politica.
Questa, mi pare, sia la sfida del momento anche se per ora si sia molto lontani dal vedere l'affermarsi di sistemi alternativi di fare politica. Lo stato attuale della politica é il risultato voluto da una visione politica del mondo, quella conosciuta come il neo-conservatorismo o neo-liberal. La globalizzazione dei mercati e la realizzazione di sistemi oligarchici della gestione del potere politico sono la base concettuale di queste visioni politiche. L'emergere della centralizzazione del potere spesso attorno alla figura di un solo uomo forte ne é la naturale conseguenza. Questa visione centralizzante é oggi la politica prevalente nel mondo occidentale dove in nome della stabilità e sicurezza si privilegiano meccanismi di delega rappresentativa. L'alternativa a questo stato delle cose vuole invece instaurare sistemi partecipativi dove i cittadini elettori siano coinvolti in prima persona nella gestione della politica. Al momento prevale la delega a partiti e politici di professione, ma ormai sta emergendo con sempre maggiore impeto la domanda per maggiore partecipazione ed il rifiuto della delega alla politica intesa come professione. Mi pare che questa sia la questione centrale che possa determinare in quale direzione ci si stia muovendo, verso un sistema sempre più centralista ed autoritario o verso nuove forme di gestione della cosa pubblica che offrano anche maggiore libertà ai cittadini.