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Le contraddizioni quotidiane: dai principî alle realtà operative

Tutti coloro che lavorano negli organismi delle Nazioni Unite debbono affrontare quotidianamente la contraddizione evidente tra la “dittatura” dei governi, che ne regolano il funzionamento e  ne determinano le capacità tecniche, organizzative e finanziarie, e i valori di fondo che ne hanno ispirato la costituzione e ne ispirano ancora il funzionamento.  La “dittatura” dei governi sfugge a chi a volte critica l’ONU per inefficacia o incoerenza, come se non fossero decisioni inter-governative che determinano le “leggi” dell’ONU (cioè le “risoluzioni” dei suoi organi).  RIcordiamo i disastri del Rwanda: tutti accusarono l’ONU.  Ma furono i governi che decisero di non intervenire per impedire quell’eccidio così tragico. Perché la gente non se la prende con i governi che prendono quelle decisioni e preferiscono incolpare il più fragile organismo dell’ONU?  L’ONU in questo è come un bicchiere: può essere pieno o vuoto.  Il contenuto lo decidono i governi. Quegli stessi governi che accusano l’ONU di inefficienza o di lentezza, sono spesso quelli che non permettono le riforme, che non danno i mezzi per accelerare gli interventi, che prendono decisioni che complicano il funzionamento operativo.

Spesso si sente dire che le Nazioni Unite sono troppo buracratiche, che producono troppa carta in forma di rapporti scritti. Eppure gli organi inter-governativi, ove siedono i rappresentanti dei governi, spesso non fanno nulla per ridurre il numero di questi rapporti e ne chiedono continuamente di nuovi.

A questa “dittatura” dei governi, le organizzazioni delle Nazioni Unite frappongono strutture gestionali, decise di nuovo sempre dai governi, di natura assolutamente gerarchica, che non favoriscono la presa di responsabilità e il dialogo, questa volta sì democratic o(nel senso partecipativo dei popoli), con le masse interessate, quelle dei cosiddetti “stakeholders” o direttamentecoinvolti.

Naturalmente questo giudizio può sembrare impietoso.  Quei valori fondamentali che regolano le Nazioni Unite e che motivano gran parte del suo personale si scontrano continuamente con queste strutture gerarchiche e questi condizionamenti inter-governativi, in un conflitto ove vincitore e vinto si alternano.  È da questo alternarsi di condizioni che vediamo il succedersi degli avvenimenti nel mondo, ove atti profondamenti umani e di attenzione estrema alle condizioni dei più bisognosi si alternano con le inefficienze burocratiche o le indifferenze delle strutture dell’ONU o delle sue agenzie.

È una lotta continua, in cui gli stessi governi partecipano spesso in modo contradditorio: spingendo per un miglioramento di questo ruolo di servizio dell’ONU e delle sue organizzazioni nei confronti dell’uomo, e ponendo al tempo stesso ostacoli per una sua realizzazione.  Per esempio, la partecipazione delle comunità di base o dei loro rappresentanti nel lavoro delle Nazionoi Unite o dei suoi bracci operativi è spesso incoraggiata, ma altrettanto spesso vanificata da atteggiamenti formali che ne impediscono la realizzazione.

Democrazia nella gestione dei programmi di cooperazione degli organismi dell’ONU è un concetto che sembra non avere riscontri pratici: il sistema delle Nazioni Unite segue un meccanismo di pianificazione dall’alto e non di gestione partecipata dal basso.  Eppure il dialogo con la base è predicato come un valore fondamentale, spesso sperimentato in alcune azioni condotte a livello periferico.

I popoli delle Nazioni Unite stanno aspettando di entrare nella gestione delle sue strutture, ma per ora ciò avviene solo attraverso il filtro dei loro governi e dei loro rappresentanti: soltanto i valori fondamentali delle Nazioni Unite sembrano fare breccia in questo muro inter-governativo, portando continuamente l’attenzione delle agenzie dell’ONU verso la condizione dell’uomo e imponendola come criterio operativo universale a tutti i loro programmi. Si tratta di una sfida impari, ma intensa e quotidiana.

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