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NON RINUNCIAMO ALLA SPERANZA
DIBATTITO DOLOROSO TRA LA FALLACI E TERZANI
ODIO PACIFISMO E LEGITTIMA DIFESA


a cura di Gisella Evangelisti

“Così, quando ho visto bianchi e neri piangere abbracciati, dico abbracciati, quando ho visto democratici e repubblicani cantare abbracciati «God save America, Dio salvi l' America», quando gli ho visto cancellare tutte le divergenze, sono rimasta di stucco. Lo stesso, quando ho udito Bill Clinton (persona verso la quale non ho mai nutrito tenerezze) dichiarare «Stringiamoci intorno a Bush, abbiate fiducia nel nostro presidente». Lo stesso, quando le medesime parole sono state ripetute con forza da sua moglie Hillary ora senatore per lo Stato di New York. Lo stesso, quando sono state reiterate da Lieberman, l' ex candidato democratico alla vice-presidenza. (Soltanto lo sconfitto Al Gore è rimasto squallidamente zitto). E lo stesso quando il Congresso ha votato all' unanimità d' accettare la guerra, punire i responsabili. Ah, se l' Italia imparasse questa lezione! È un Paese così diviso, l' Italia. Così fazioso, così avvelenato dalle sue meschinerie tribali! Si odiano anche all' interno dei partiti, in Italia....”
Cosi scrisse Oriana Fallaci in una parte del suo articolo “La rabbia e l'orgoglio”, nell'ottobre del 2001, dopo l'attentato alle Torri Gemelle e la dichiarazione di Bush di Guerra al terrorismo.
Cosí le rispose Tiziano Terzani, toscano e grande testimone del '900 come lei, nella lettera aperta “IL Sultano e san Francesco-Non possiamo rinunciare alla speranza”, di cui riportiamo alcuni brani.
" Il tuo sfogo mi ha colpito, ferito.Pensare quel che pensi e scriverlo è un tuo diritto. Il problema è però che, grazie alla tua notorietà, la tua brillante lezione di intolleranza arriva ora anche nelle scuole, influenza tanti giovani e questo mi inquieta. Il nostro di ora è un momento di straordinaria importanza. L’orrore indicibile è appena cominciato, ma è ancora possibile fermarlo facendo di questo momento una grande occasione di ripensamento.
 LA FABBRICA DELLA PAURA

di Gisella Evangelisti
 
                                 "Vale piú accendere una candela che continuare a lamentarsi del buio"  [proverbio diffuso in tanti paesi]
 
La crisi umanitaria que affronta l'Europa in questo momento non rappresenta solo un'enorme sfida logistica e organizzativa,  ma suscita e rimuove emozioni profonde, mettendo allo scoperto la nostra vulnerabilitá di fronte alle masse di persone che si accalcano ai nostri confini, con bimbi e fagotti. Ci stanno invadendo!  E sono musulmani, e parlano lingue strane. Gli Sconosciuti che entrano nel nostro giardino.  Mamma, li Turchi!
Questo articolo è l'introduzione dello studio condotto da Luciano Carpo assieme a Gisella Evangelisti sul tema dell'emigrazione e i suoi stereotipi. Chi avesse interesse a leggerlo lo può scaricare in versione word oppure e.book dall'area download di questo sito
Sono la stesse emozioni che un individuo sperimenta quando l'avvisano che gli resta pochissimo tempo di vita, osserva lo psicoanalista e filosofo sloveno Slavoj Zizek: all'inizio risponde con la Negazione:  (faccio finta di niente, finché possibile), poi con la Rabbia, (perché proprio qui, a me, a noi?), poi col  Negoziato (si spera di posticipare il problema),  poi con la Depressione, (siamo perduti!) e finalmente con l'Accettazione: é parte della vita, ( o della storia ): cosa si puó  fare? 
Per ora, nel confuso panorama europeo sembrano prevalere Rabbia, Paura e Incertezza, anche se a metá di settembre, la foto del bimbo sirio annegato nel mare fra Turchia e Grecia parve scuotere  le coscienze e portó  migliaia di persone nelle strade a manifestare Solidarietá ed Empatia verso i rifugiati, moltiplicando le iniziative di volontariato un po' dappertutto.  Dai, almeno un po' di pasta e qualche coperta possiamo raccoglierle, per tutta questa gente che deve dormire all'aperto, no?
SIAMO IN GUERRA
"Pour eux, la mort c'est la vie"(*)

   della Redazione di Partecipagire

'Quello che voglio dire ai francesi è che noi siamo in guerra e poiché siamo in guerra le misure che prenderemo saranno eccezionali. Colpiremo il nemico per distruggerlo,
            WE ARE AT WAR
'What I want to tell the French is that we are at war and we are at war because the measures that we will take will be exceptional'.
            [English version-read more]

qui in Francia, in Europa, ma anche in Siria e in Iraq'. Queste le parole di rabbia e di vendetta del Primo ministro francese Manuel Valls, a 24 ore dal massacro di Parigi. Tutti siamo commossi dai tanti morti e feriti che il sanguinoso attentato ha provocato, ma c'è da domandarsi se le parole di Valls, un Primo ministro di una grande nazione, abbiano davvero senso in queste circostanze. La stessa parola 'guerra' sembra avere solo una valenza emozionale che dà subito spazio a molte perplessità. Da un lato dare dignità di guerrieri a degli assassini che hanno agito con vigliacca premeditazione può apparire un tanto inopportuno, dall'altro una guerra non è solo un'operazione di polizia e richiede almeno una definizione chiara del nemico.
                        I 70 anni dell' ONU
                                                      
ONU PERCHE' ?

di Massimo D’Angelo                                                                                                                 

Una conversazione al ristorante
Non ne so molto delle Nazioni Unite, ma sinceramente non credo che servano a un granché. Per me il mondo può funzionare altrettanto bene anche senza di loro.” Con questa frase, il mio commensale, un anziano signore di origine italiana che mi guardava serio e alquanto perplesso dall’altro lato del tavolo ove stavamo seduti, avviò una breve conversazione, anche se un po’ bruscamente. Ci eravamo appena scambiati i convenevoli preliminari con cui mi ero presentato. Pochi minuti prima ero stato accolto con simpatia da un gruppo di italo-americani che si incontra regolarmente due volte al mese, cenando in un ristorante qualsiasi di ispirazione italiana nella città di Charlotte, nella Carolina del Nord, dove ormai abito dal 2006. Una tavolata allegra di circa una trentina di persone. La persona che mi aveva invitato, mi aveva appena presentato come un romano, ormai negli Stati Uniti da circa trent’anni, già funzionario delle Nazioni Unite, e questo aveva destato la curiosità dei presenti, tutti di origine italiana, se non altro perché si trattava di una professione inusuale da queste parti. Quasi nessuno era capace di esprimersi in italiano, essendo per lo più di seconda o di terza generazione di immigrati.

PILLOLE RIFLESSIVE

QUEL MASCALZONE DI CRISTOFORO COLOMBO. Altro che Columbus Day. In varie città degli USA le statue dedicate a Colombo (e non sembra che siano poi tante) sono state prese di mira e distrutte o deturpate. [Chi volesse saperne di più può leggere un informato articolo sul Post a questo link]. Non è una grossa novità. Già da qualche tempo il Columbus Day veniva contestato. Celebrare la scoperta dell’America…ma perché? Semmai i veri scopritori erano quelli che da secoli già ci abitavano. La verità è che si celebra la scoperta da parte degli europei. Una scoperta che segna l’inizia di una nuova era: l’era del commercio mondiale, del colonialismo, dei grandi imperi, dei massacri in nome di Dio e dell’ipocrisia morale di una cultura rapace e crudele come quella dell’Occidente, che, allora, era essenzialmente l’Europa. Abbasso Colombo che ne è un degno simbolo! E giù a dargliene di santa ragione, al Cristoforo Colombo. Senza scrupoli, aveva sbagliato tutti i calcoli e non fu nemmeno capace di ammetterlo.  Il Nuovo Mondo, come lui stesso volle chiamarlo, era un tesoro di risorse: schiavi ed oro. Fu accolto dai nativi a braccia aperte e generosamente. Scambiato come un Dio caduto dal cielo e lui massacrò tutti quelli che non volevano obbedire alle sue leggi di sfruttamento. A un certo punto cominciò a prendersela con gli stessi coloni spagnoli che

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