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VIOLENZA IN CILE

CAMBIO COSTITUZIONALE O GUERRA SOCIALE

di Jorge Fernandez * (da Santiago del Cile)                 [link orig. spagnolo; trad. it. P.B.]

Febbraio in Cile è mese di vacanza estiva. La storia dice che non succede niente. I Ministeri sono lasciati alla responsabilità dei sostituti. Le contestazioni dei partiti politici nelle mani della terza linea. Le grandi città si svuotano. È un piacere guidare per le strade senza traffico, andare al cinema o semplicemente lasciarsi andare passeggiando per piazze e parchi.  Sempre è stato così. Ma non quest'anno.

La crisi esplosa in ottobre ha messo sottosopra il paese. Le proteste continuano, la violenza ha preso il sopravvento nei centri nevralgici  della città. Come all'inizio degli anni Settanta del  secolo scorso, le riunioni di famiglia e di amici sono infiammate da modi opposti di interpretare gli avvenimenti. La Destra è ancora nel passato. La Sinistra, è divisa tra chi cerca una soluzione politica e chi, invece, vorrebbe che le contraddizioni si acuissero, finalmente. Eppoi il Centro, imprigionato nella sua prospettiva di dialogo senza fratture. Tra la gente, ci si interroga continuamente: quando si fermerà la violenza? A quale costo si potrà superare questa situazione?

IMMIGRAZIONE: ACCOGLIENZA O CONTENIMENTO? UN NUOVO APPROCCIO

I BENEFICI DELL’IMMIGRAZIONE

Parte VIII - A

di Massimo D’Angelo

 

  1. Un mito da sfatare?

Il 14 settembre 2019 condivisi su Facebook la notizia che l’Italia aveva assegnato un porto sicuro alla Ocean Viking per far sbarcare a Lampedusa 82 naufraghi, salvo distribuirne 58 in Germania, Francia, Portogallo e Lussemburgo, che avevano accettato di accoglierli. È stato sufficiente pubblicare quel post per suscitare due reazioni negative: la prima “scherzò” su quanto gli abitanti di Lampedusa avrebbero apprezzato la notizia; la seconda sottolineò il rischio che 1 milione di profughi in Libia avrebbero seguito quell’esempio per sbarcare in Italia.[i] In altre parole, è linvasione. Vengono ad invadere le nostre strade, ad occupare le nostre case, a prendere i nostri posti di lavoro. In breve, sono un danno per il nostro paese.  Questo giustifica una domanda di fondo che sarà l’oggetto di questa Parte VIII di questo saggio: è l’immigrazione un danno o un beneficio per il paese ricevente?

TERREMOTO IN CILE

di Jorge Fernandez (*) 

[link orig. spagnolo; trad. it. P.B.]

Fino ad un anno fa, quando un giovane in Cile affrontava l’esame per entrare all’Università (la PSU-Prueba de Seleccion Universitaria) la domanda ovvia era: allora, com’è andata ? Quest’anno, invece, la domanda è: allora, sei riuscito a farlo? Un dieci per cento dei circa 300 mila giovani iscritti all’esame, non hanno potuto darlo a causa delle manifestazioni contro questo tipo di esame, avvenute in alcune delle sedi dove l’esame avrebbe dovuto svolgersi. L’esame era programmato per il novembre dello scorso anno, ma è stato rimandato ben due volte a causa delle sommosse sociali.

IMMIGRAZIONE: ACCOGLIENZA O CONTENIMENTO? UN NUOVO APPROCCIO (VII)

UNA SFIDA: ESISTE UN DIRITTO ALLA MOBILITÀ INTERNAZIONALE?

di Massimo D'Angelo

  1. Dall’autonomia dell’emigrazione all’inevitabilità dell’immigrazione

L’incapacità delle politiche migratorie, ed in particolare delle misure di contenimento, di incidere significativamente sull’intensità e sulla dinamica dell’emigrazione internazionale può essere riconosciuta anche da chi le sostiene, nonostante gli sforzi per criminalizzare gli immigranti irregolari per giustificare quelle misure. Di fronte agli insuccessi, aumenteranno gli stanziamenti di bilancio per barriere più rigide, per più agenti ai confini, per muri più alti ed impenetrabili e per più arresti ed espulsioni, ma la realtà non cambierà.  L’incapacità delle politiche migratorie di controllare i flussi migratori è chiamata autonomia dell’emigrazione: i flussi migratori, le loro dimensioni quantitative, i loro tempi, le loro destinazioni, sono “autonomi” rispetto a quelle politiche, sono variabili esogene, indipendenti, un dato di fatto, ma sono determinati da tutt’altri fattori, già esaminati nella Parte VI. Sono questi fattori “strutturali” (demografici, economici, politici, sociali ed ambientali) che giustificano l’ipotesi dell’autonomia dell’emigrazione.  Chi è ostile all’immigrazione, specialmente quella irregolare, cercherà di adottare altri approcci, come l’esternalizzazione dei confini (vedi Parte V), portando gli interventi di contenimento in altri paesi, stabilendo accordi bilaterali, manipolando politiche estere, per estendere l’influenza delle misure restrittive al di là delle zone controllate dalla “sovranità nazionale” del paese d’immigrazione. Nascono zone “cuscinetto” nei paesi di transito, costruendo campi profughi, aiutando guardie costiere altrui. Si cercherà di espletare le pratiche di asilo in paesi terzi.  Ma l’efficacia di questi espedienti è dubbia. Se i flussi in entrata rallentano, esplodono situazioni di “parcheggio” nei paesi terzi, e le crisi umanitarie si moltiplicano. E gli emigranti continuano a lanciare i loro programmi. Vani saranno gli annunci di misure più severe, con muri ancora più alti, chiusura di porti, multe alle ONG che soccorrono naufraghi in mare, minacce di arresti a tappeto e deportazioni in massa, taglio dell’assistenza ai profughi, congelamento delle procedure per l’asilo, concedere l’accoglienza soltanto ai “meritevoli”, o disincentivi nei paesi d’origine.

PILLOLE RIFLESSIVE

QUEL MASCALZONE DI CRISTOFORO COLOMBO. Altro che Columbus Day. In varie città degli USA le statue dedicate a Colombo (e non sembra che siano poi tante) sono state prese di mira e distrutte o deturpate. [Chi volesse saperne di più può leggere un informato articolo sul Post a questo link]. Non è una grossa novità. Già da qualche tempo il Columbus Day veniva contestato. Celebrare la scoperta dell’America…ma perché? Semmai i veri scopritori erano quelli che da secoli già ci abitavano. La verità è che si celebra la scoperta da parte degli europei. Una scoperta che segna l’inizia di una nuova era: l’era del commercio mondiale, del colonialismo, dei grandi imperi, dei massacri in nome di Dio e dell’ipocrisia morale di una cultura rapace e crudele come quella dell’Occidente, che, allora, era essenzialmente l’Europa. Abbasso Colombo che ne è un degno simbolo! E giù a dargliene di santa ragione, al Cristoforo Colombo. Senza scrupoli, aveva sbagliato tutti i calcoli e non fu nemmeno capace di ammetterlo.  Il Nuovo Mondo, come lui stesso volle chiamarlo, era un tesoro di risorse: schiavi ed oro. Fu accolto dai nativi a braccia aperte e generosamente. Scambiato come un Dio caduto dal cielo e lui massacrò tutti quelli che non volevano obbedire alle sue leggi di sfruttamento. A un certo punto cominciò a prendersela con gli stessi coloni spagnoli che

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